< homepage


Vincenzo Bonanni
(L’Aquila, 1978)

Dopo gli studi classici, frequenta la Facoltà di Sociologia – Corso di Laurea in Comunicazione e Mass Media, dell’Università “La Sapienza” di Roma, dove si laurea con la tesi, in Storia delle Comunicazioni di massa,  Beat girls: da femme fatale a femminilità parossistica. Lo studio attento, rigoroso e continuato nel tempo verso il fenomeno culturale della ribellione intesa come anticonformismo, o meglio non-conformismo, lo porta a sentire l’incalzante e irrinunciabile esigenza di sperimentare la propria percezione ed elaborazione interiore a livello di arte visiva. Solo dopo 10 anni di sperimentazione a tutto campo, che vede l’artista impegnato nell’impiego di tecniche più svariate quali pittura, collage, installazione, fotografia, parola scritta che si fa immagine etc., attraverso una lezione Dada e Pop attualizzata e incardinata sui fenomeni sociali della contemporaneità, Bonanni esce allo scoperto nella sua prima personale di Roma, riscuotendo grande successo di pubblico e di critica. La mostra personale dal titolo Rebel rebel si riassume in un viaggio nell’ambito della ribellione culturale (letteraria, musicale, cinematografica) da Rimbaud alla poetica urbana di Bukowski, dalla narrativa beat di Kerouac e Burroughs al cinema di Godard e della Nouvelle Vague francese. Rebel come il rock vitaminico, sensuale e glamour di Mick Jagger. Rebel come il blues fumoso e rauco del satiro Tom Waits.
Attualmente l’artista  vive, pensa e lavora tra Roma e L’Aquila.

Born in L’Aquila (Abruzzo, Italy) in 1978, after the secondary school specializing in classics studies he attends the Faculty of Sociology – Communication and Mass Media of “La Sapienza” University in Rome, where he graduates in History of mass’s communications with the thesis Beat girls: da femme fatale a femminilità parossistica. The thorough, rigorous and endless study towards the cultural phenomenon of the rebellion as non conformism, or better un-conformism, leads the artist to feel as urgent and not giving up requirement experiencing his own perception and inner elaboration at the level of visual art. Only after 10 years of full experimentation, during which the artist is engaged in using of various techniques like  painting, collage, installation, photography, written word that becomes image etc., through the Dada and Pop lesson brought up-to-date and hinged on the social phenomena of the contemporary, Bonanni exits out in the open in his first solo exhibition in Rome, earning a large success of public and critics. The solo Exhibition Rebel rebel is a journey within the cultural rebellion (as Literature, Music and Cinema) from Rimbaud to the Bukowski’s urban poetics, from the beat narrative of Kerouac and Burroughs to Godard’s movies and French Nouvelle Vague cinema. Rebel as the sensual, glamour and vitamin rock of Mick Jagger. Rebel as the smoky and hoarse blues of the satirus Tom Waits.
At present the artist lives, thinks  and works between Rome and L’Aquila.

 

Solo Exhibition
Rome, April/June 2008 - Rebel rebel, Saint Louis College of Music, art critics Antonio Gasbarrini and Paola Ardizzola

Frammenti di pezzi facili
Conversazione in forma di provocazione
Intervista a Vincenzo Bonanni
di Paola Ardizzola

You’ve torn your dress, your face is a mess.
You can’t get enough, but it don’t fake the test.
You,ve got your transmission and your live wire,
you’ve got your fuel line and a handful of ludes.
You wanna be there they count up the dudes.
And I love your dress,
You’re a juvenile success because your face is a mess.
So how could know, I said, how could they know?

Hai strappato il tuo vestito, hai una faccia che fa pietà
Non ne hai mai abbastanza, ma questo non falsa la prova
Hai avuto il tuo contatto con la gente e hai speso tutti i soldi
Hai avuto l’eccitazione che ti fa vivere e il tuo pugno di quaaludes
Vuoi esserci quando faranno l’appello dei dandies
E il tuo vestito mi piace
Tu sei un successo giovanile perchè la tua faccia è conciata in quel modo.
Così loro che ne sanno, dicevo, loro che ne sanno?

David Bowie, Rebel rebel, 1974

 

- P. A.: Vincenzo Bonanni, alla sua opera prima. Viene assolutamente naturale un parallelo tra le tue composizioni e la musica, in particolare la musica jazz. Vorrei intervistarti in forma di conversazione, anzi provocazione (V. B. bene!) per capirne i punti di contatto, le armonie, le dissonanze, giusto per utilizzare un linguaggio musicale.
 Riflettendo sulla tua opera, ho preso alcuni appunti che hanno sostanzialmente la funzione di cassa di risonanza per amplificare i concetti che a me sembra di aver scorto nei tuoi lavori. Passo quindi a leggerti qualche cosa su cui riflettere: quando ascoltiamo un pezzo musicale la nostra esperienza più immediata è quella del cambiamento. Nel flusso musicale  percepiamo delle successioni di momenti qualitativamente distinti, di atmosfere e colori sonori la cui coerenza ci sembra più o meno forte, la continuità più o meno affermata. Durante l’ascolto, infatti, emergono rotture e contrasti i quali ci fanno percepire che si è verificato un cambiamento. Nella continuità il cambiamento crea un prima e un  dopo tra i quali bisognerà costruire un legame affinché l’opera conservi qualche unità.
- V. B.: Si.
- P. A.: La domanda è questa: in relazione alla tua opera pittorica, questo legame è completamente affidato alle tue mani o è il fruitore che può avere la possibilità di completare la tua opera d’arte creando il suo proprio personale legame?
- V. B.: Sicuramente è anche il fruitore. Io non posso pensare che un artista, dipingendo, poi vada a completare in modo assoluto e definitivo un legame che può esserci tra due tipologie di arte come pittura, musica, ecc… il ruolo del fruitore è un ruolo fondamentale. Diversamente non si lascerebbe aperta nessuna porta, e l’opera d’arte morirebbe lì.
- P. A.: Quindi, possiamo dire che per te la fruizione dell’opera d’arte è la logica e naturale conseguenza finale…
- V. B.: Si certamente.
- P. A:….. di quello che hai intrapreso.
 Scendendo più nel dettaglio riguardo al jazz e cercando di capire la relazione con la tua opera, possiamo dire che le peculiarità di questo tipo di musica sono il ritmo fortemente marcato, solitamente su tempo binario (…lo stiamo sentendo in sottofondo), l’improvvisazione, generalmente affidata al solista, il quale si trova così in grado di poter esprimere la sua ispirazione, il suo stato d’animo in quel particolare momento; e il linguaggio strumentale, basato sulla sincope, innervato di swing. Nella tua opera ci può essere, diciamo, questo parallelo con la musica jazz in senso di ritmo fortemente marcato, sincopato, dove, appunto, l’improvvisazione affidata al solista che evidentemente sei tu, porta poi alla fine alla giusta “esecuzione”?
- V. B.: Per quanto riguarda l’ambito musicale, il mio lavoro è diviso: da una parte jazz blues, e dall’altra il mio rock, questo è fondamentalmente, ciò che appunto mi condiziona. Per quel che concerne il jazz, come dicevi tu è proprio l’aspetto individualista quello che più mi trova affine. Tu parli del solista e poi tu parli di me, del mio caso… potrei dirti di Tom Waits, sul palco, da solo, un’unica luce puntata su di lui che è curvo, gobbo ecc…. ecco è proprio questo, quell’individualismo che mi coinvolge, che poi va a cozzare con  un altro aspetto che io assolutamente non ometto, ma che considero allo stesso livello: quello rockettaro, che invece è fatto di palcoscenico, è fatto di glam, è fatto di tutto quello che è….i Velvet Underground per intenderci. Sul discorso del jazz, che poi nel mio caso… sai mi sento un po’… avrei voluto, se non avessi fatto questo (ride!) avrei fatto il Bluesman… poi oggi sto con la voce “così” [roca, per una tracheite, n.d.r]forse qualche possibilità ce l’avrei anche avuta!
- P. A.: Sicuramente.
- V. B.: E’ un’individualità, che poi non è mai individualità. Stai sul palco, c’è gente, riflettori puntati, però a differenza di altre situazioni, veramente puoi permetterti, con i ritmi del jazz, del blues, di esprimerti in maniera realmente introspettiva per ore e ore e ore di concerto, a differenza invece di un discorso, come dicevo prima, di rock o glam rock o quello che sia, in cui è importante, è fondamentale la fruizione anche del pubblico.
- P. A.: Come con la musica dotta.
- V.B. Esatto!
- P. A.: Consideriamo come il tema portante, da un punto di vista musicale, così vincolante nella musica dotta, sia spesso nel jazz solamente un pretesto, uno spunto per un’interpolazione con relative variazioni ed improvvisazioni del tutto personali.
- V. B.: Si.
- P. A: E anche queste peculiarità del jazz, del blues, di cui parlavamo, la frammentazione, il ritmo sincopato: nelle tue opere mi colpisce spesso la scelta di una visione geometrico – frammentata che personalmente mi fa percepire proprio il flusso del tempo in forma di ritmo sincopato, all’interno del quale si colloca l’accadimento che si disvela, appunto, come un meccanismo a tempo. È come se tu inserissi l’episodio che sta accadendo in un ritmo vibrante di vita che gira intorno.
- V. B.: Però non è solo rispetto ai pezzi musicali, non è solo in relazione al blues ed al jazz, è un po’ tutta la mia produzione. Il mio lavoro abbraccia l’ambito musicale come narrativa, come poesia ma anche un ambito cinematografico, di sequenza d’immagine, riscontrabile nella tecnica dei miei spatolati. La frammentazione, la figura che si ricompone, ecc., hai ragione, fa riferimento ad una condizione di vita, riscontrabile in ambito musicale ma anche altrove... i miei pezzi per Rimbaud, per esempio.  
- P. A: Per te è dunque importante creare una continuità nella frammentazione?
- V. B.: Assolutamente si.
- P. A: A proposito tu hai citato Rimbaud e combinazione, io ho riflettuto su una cosa che Rimbaud disse, ossia l’idea che attraverso una rivoluzione del linguaggio sia possibile changer la vie, secondo la terminologia propria del poeta, che conferisce alle avanguardie una dimensione politica e collettiva, e che si distingue dalle forme più strettamente estetiche ed individualiste…
 Comunque, Vincenzo, l’arte è dunque anche  una forte scommessa, oltre che un momento di verità?
- V. B.: Si!
- P. A:  E’ vero per te?
- V. B.: Si, assolutamente!
- P. A: Mi sembra di capire che Rimbaud ti è nell’anima!
- V. B. Sono più di quindici anni che Rimbaud mi segue. È il libro che c’è sempre, sai l’edizione Einaudi, quella storica, è fissa sul comodino.
- P. A: Una coacervo di chiose, di appunti, immagino!
- V. B.:  Ti dico, dentro fogliettini di tutti i tipi, appunti, cose, schizzi per quadri… poi te lo faccio vedere.
- P. A: Senti, laddove fosse ancora necessario rafforzare il legame esistente tra la tua opera e il discorso musicale, potremmo addirittura parlare di ragtime, per andare proprio agli albori della musica jazz.
- V. B.: Esatto, mi viene da pensare al Closing time di Tom Waits.
- P. A: Ragtime letteralmente significa “tempo stracciato, lacerato”. E anche le tue composizioni presentano un’azione, come dicevamo, che sembra svolgersi in un tempo non unitario, frantumato. Il tuo è un tempo volutamente tormentato, in cui si possa scorgere la metafora del contingente, del quotidiano?
- V. B.: Mmmm…. Bella domanda!
- P. A: Grazie (ride!)
- V. B.: Beh! Volutamente tormentato non lo so… io non mi sento tormentato. Però sicuramente c’è un’attenzione e un’attrazione verso quei periodi storici che io reputo molto più interessanti rispetto a quello che ho vissuto e che sto vivendo. Mi sento un po’ “sfigato” in questo senso, lo ammetto, mi sembra di vivere un’epoca triste, almeno politicamente e socialmente…. Ovviamente gli eventi di fine anni ’70 e degli ’80, sicuramente hanno avuto il loro peso da un punto di vista storico, sociale; ma il culturale, l’artistico per me non hanno paragone rispetto agli anni precedenti.
- P. A: Mi sembra di percepire un legame molto forte con scrittori quali Kerouac, Burroughs e della beat generation in genere…
- V. B.: Ma penso che tutti, chiunque abbia un minimo di creatività o senso dell’avventura e che sia un po’ viaggiatore nell’animo…
- P. A: ….Passi attraverso questa tappa obbligata….
- V. B.: Assolutamente! È la base, poi si può soltanto risalire ed apprezzare i precedenti ed anche i successivi.
- P. A:  Proprio per andare oltre questa tappa obbligata, consideriamo la valenza semantica di alcune tue composizioni che presentano sostanzialmente una celebrazione di personaggi famosi, prerogativa artistica già vista storicamente, basti pensare alla Pop Art.
- V. B.: Certo.
- P. A: Dunque, dietro la valenza di pura icona di questi personaggi che le tue opere propongono, che cosa si nasconde? Una storia, una vicenda umana, un rimpianto, una nostalgia?
- V. B.: Eh! Però! Veramente brava! (ride)
- P. A: (sorride)
- V. B.: Mah… potrei dirti: tutto quello che hai detto. Però non rimpianto… nostalgia? Forse potrebbe essere un discorso di nostalgia.
- P. A: La celebrazione di un’icona in questo senso.
- V. B.: Anche, ma il discorso iconico nel mio caso non è da rendere… va bene! Rimbaud, ok! È differente come discorso. Stiamo parlando proprio di un omaggio dovuto… almeno, nel mio caso. Però se vogliamo parlare dei Rolling, di  Waits ecc… non è un omaggio solo ed esclusivamente al personaggio, come non è un fatto polemico alla Warhol. Io non mi sento pop in questo senso.
- P. A: Capisco.
- V. B.: Non credo che un mio pezzo possa essere… sicuramente è figlio della Pop art, ma anche del Simbolismo e dell’Astrattismo. Ovviamente io non credo e non ho la presunzione di essere un avant-garde artist, anche perchè non credo nell’esigenza assoluta di avanguardia oggi. La vita va talmente veloce che chi ne fa arte, una persona che vuole fare arte, che pensa di poter e voler fare arte non può accettare un discorso del tipo: “è stato fatto”, come sento dire spesso e mi innervosisco… “è stato fatto tutto, non ha più senso fare niente”. Viviamo una vita che ogni minuto cambia, non fosse altro per il livello tecnologico, quindi cambia comunque il modo di fare arte.
- P. A: Si, io credo che se vogliamo usare il termine “avanguardia”, esso vada vissuto.
- V. B.: Esatto!
- P. A: Se è pensabile che il ruolo dell’artista sia di registrare e tradurre in arte la verità di ciò che sta accadendo nella contingenza, nella quotidianità che lo circonda,  va da sé che nella vera arte non può esistere replica alcuna.
 - V. B.: Non la corrompi una forma d’arte.
- P. A: Non la corrompi.
Ancora una volta, giocando in parallelo con il jazz… Nel jazz, la front line è la linea melodica d’impatto. Nelle tue composizioni utilizzi una linea melodica analoga che può essere riconducibile ad un testo, un colore? Cioè, esiste un primo fronte d’impatto a cui segue la strutturazione di cui abbiamo parlato?
- V. B.: Si, inconsciamente a livello cromatico posso dire che mi condiziona molto, lavorare può voler dire già avere in mano il rosso, il giallo… Non lo so poi vedete voi cosa. Però molto spesso lavorando trovo forti assonanze cromatiche tra i pezzi che ho fatto, ma non immediatamente. Magari mi rendo conto di aver fatto tre o quattro pezzi cromaticamente simili eppure differenti, mentalmente voglio dire… differenti l’uno dall’altro a livello di sensazioni anche se mi ritrovo ad aver utilizzato gli stessi identici colori, per quanto si possano considerare uguali i colori! Come posso dirti… può essere una costante non voluta ma che c’è.
- P. A: Quindi possiamo dire che la tua personale front line viene utilizzata forse per catturare immediatamente, ovviamente in modo inconsapevole, l’attenzione nel fruitore? Poi, dietro questa front line si dispiegano una serie di concetti, di significati….
- V. B.: Guarda… si! Spero di…io vorrei poterti dire si, sicuramente. Spero! Non lo so se è così, perché molte volte mi trovo a lavorare e pensare solo a me… è vero! Altre volte invece già lo fai con la presunzione, tra virgolette, di poter essere…
- P. A: …. Io direi la “consapevolezza” piuttosto che “la presunzione”…
- V. B.: (ride)
- P. A:…. È una parola che va bandita nel lessico dell’artista. È una consapevolezza perché penso che sia così. E, se è vero che il talento è importante almeno quanto la versatilità…
- V. B.: Siii (ride) Allora senti, ti premetto questo, il talento è un qualcosa che penso sia soltanto…solo ed esclusivamente un dono. Questo lavoro, chiamatelo come vi pare…non so proprio come definirlo, se è una missione o semplicemente una fortuna-sfortuna non lo so! È comunque un dono e c’è meritocrazia. Poi, ovviamente, il talento è una cosa, il lavoro è un’altra. Il lavoro nel senso più nobile del…
- P. A: …. Certo! Sono due aspetti che comunque devono camminare di pari passo.
- V. B.: Si! Quando è possibile…si spera! È quello a cui non solo un artista, ma…insomma mi sono spiegato!
- P. A: E quindi credo che tu sia d’accordo con questa sentenza di Baudelaire il quale scrisse: compiango i poeti [e io aggiungo gli artisti] guidati dal solo istinto; li ritengo incompleti. È impossibile che un poeta non contenga un critico alludendo ovviamente alla dimensione critica dell’attività creativa. Cioè esiste una forza critica che passa attraverso l’espletazione dell’opera d’arte.
- V. B.: Lo studio è fondamentale.
- P. A: Ancora, un altro grande, Paul Klee disse che l’opera d’arte è principalmente genesi, non la si coglie come semplice prodotto. Sei ancora d’accordo su questo significato? L’opera d’arte è ancora creazione, emanazione di uno spirito creatore?
- V. B.: Lo spero, voglio pensare che sia così.
- P. A: Ci avviamo verso la fine di questa conversazione. Ti voglio leggere, veramente una provocazione, un breve testo scritto da un critico italiano, in realtà un critico musicale. È un’intro al Tristan und Isolde di Wagner. Veramente, stiamo cercando dei punti di convergenza su cose, cose veramente diverse…
- V. B.: Si, certo!
- P. A: ….Ma mi è piaciuto pensarlo in relazione alla tua opera. In tre fogge(…) è possibile agli uomini di esprimere l’idea delle cose(…): col gesto [che può essere arte visiva] (mimica o danza), con la parola (la poesia) col suono (la musica). Il gesto è l’espressione corporea (Leibesmensch in tedesco); la parola, l’espressione razionale (Verstandesmensch); il suono, l’espressione sentimentale (Herzensmensch); le prime due espressioni dell’individuale, l’ultima dell’universale o puro – umano. Ma l’una non può stare divisa dall’altra senza lentamente inaridirsi e cristallizzarsi, in una parola, senza morire. È chiaro che, diciamo, in questo concetto c’è…
- V. B.: Ci sei andata leggera eh!?
- P. A: (sorride) C’è il concetto di Gesamtkunstwerk, di opera d’arte totale dove tutte le arti affluiscono per esprimere al meglio l’idea delle cose, come viene definita all’inizio. Secondo te nella tua opera, può esistere, può essere concepita una complementarietà delle arti che va….
- V. B.:…assolutamente si, assolutamente,  intimistica direi, perché davvero…
- P. A:…magari, scusa, è una complementarietà che si verifica già nel momento dell’approccio della creazione prima ancora che della produzione.
- V. B.: Esatto…esatto…esatto! Io la vivo prima di pormi di fronte alla non – tela… al compensato…al pezzo (ride), quindi a lavorare. Il grande lavoro è quello che avviene a tavolino, per quanto mi riguarda, e quindi è dato da scrivania, è dato da testi, da musica, è dato da film, è dato da tutto quello che può essere per me condizionante e non posso credere nell’individualità delle arti…in questo…questo…
- P. A: Settorialità?
- V. B.: Questa settorialità! Non penso sia possibile. Era possibile una volta, forse nel ‘300, perché già si aveva… c’erano le scuole e si imparava a fare “quell’Arte”, in maniera divina ma “quell’Arte”. Oggigiorno farla in quel modo vorrebbe dire…il discorso che ti facevo prima. Tutto è nella possibilità che abbiamo di fruibilità, internet, abbiamo tutto a portata di mano, quindi rimanere isolati nel nostro studio, in uno studio “matto e disperatissimo”, fuori dal mondo, sarebbe inutile ed insensato.
- P. A: Quindi nella tua, possiamo dire, genesi estetica e compositiva delle opere c’è comunque un atteggiamento sostanzialmente classicista nel senso più puro del termine, ossia un’esegesi dell’opera d’arte che parte da un’analisi approfondita di situazioni, di condizioni, di suggestioni…
- V. B.: Si, si, può essere…detta in questo modo.
- P. A:… e non soltanto la registrazione del dato immediato che si espleta in un’opera d’arte che…
- V. B.:  No! C’è anche il dato immediato, però è buttato giù non direttamente sul lavoro, sulla tela, sul compensato… su ciò che è, ma è buttato giù sulla carta o sullo studio. E poi, a me basta, per esempio, poco tempo in termini tecnici, nel realizzare l’opera anche se di grandi dimensioni. Perché poi è tutto chiaro, io so esattamente come deve venire, fino a quando non è pronta a tavolino non mi metto a….
            capisco che ci sono persone, altri artisti, grandi scuole…figurati! Che hanno un approccio completamente differente.
- P. A:  In questo intendevo “classicista”.
- V. B.: Ho capito.
- P. A: Cioè avere la precisione una volta che è finito diciamo…
- V. B.: Si, quella è una mia esigenza, io se non avessi la precisione non potrei.
- P. A: Un’ultima domanda. Con questa mostra importante inizia, diciamo, la tua parabola artistica che sono assolutamente sicura ti porterà lontano.
- V. B.: (ride)
- P. A: Inizia il tuo viaggio. Hai un bagaglio insieme a te e puoi portare una cosa soltanto che desideri avere adesso e che forse anche dopo una serie innumerevole di esperienze artistiche avrai ancora nel tuo bagaglio. Che cosa porti con te?
- V. B.: Una cosa?
- P. A: Una cosa, un pensiero…
- V. B.: Il mio tempo, il mio tempo, i miei spazi, quella possibilità che ho, che voglio, che pretendo, quella di potermi ancora isolare, di avere i miei momenti, il mio tempo solo per me.
- P. A: La tua libertà assoluta…come…
- V. B.: Libertà assoluta! Me la tatuerei addosso la libertà…proprio, assolutamente si….
- P. A: Quindi Rebel rebel
- V. B.: Ma come artista, come uomo, come cittadino, come… proprio come libertà, libertà assoluta.
- P. A: Quindi in questo senso l’anticonformismo del Rebel rebel che ti insegue…
- V. B.: Ma sai, rebel rebel, ti spiego (ride)
            Non è che…sicuramente può essere riferito a David Bowie, alla canzone di David Bowie…ognuno la può vedere come vuole (ridendo).
            Però per me è anche un po’ una piccola vendetta nel senso che da ragazzetto, da bambinetto mi si diceva “ribelle”, “il ribelle”. Amici di famiglia, situazioni di persone che giravano per casa. Io, sinceramente tutta questa accezione negativa nel termine ribelle non ce la vedevo prima come non la vedo oggi. Quindi, poi, crescendo, mi sono…vendicato (ride) e quindi ho messo “ribelle”.
- P. A: Si perchè sostanzialmente la tua ribellione è diventata la tua creazione quindi…
- V. B.:…è una vendetta! (ride)
- P. A: È una vendetta, sempre in un ambito di studio…
- V. B.: … senza rabbia eccessiva ovviamente! È un gioco! però, insomma… (ride)
- P. A: Diciamo una ribellione ben spesa perché si è incanalata in un lavoro serio dove la precisione mi sembra che sia assolutamente un carattere principale.
- V. B.: Grazie.
- P. A: Terminando qui queste domande in forma di provocazione, inizio delle provocazioni che subirai molto spesso nella tua vita di artista, visto l’esito positivo che producono, ti auguro di avere moltissime provocazioni.
- V. B.: Ti ringrazio molto. Grazie.

 Vincenzo Bonanni su Tom Waits
(in ordine di posizionamento nella pagina)

2007   THE PIANO HAS BEEN DRINKING ( Not me )  ,   109,5x88,8 
2007   THERE’S NOTHING I CAN DO (NOW)  ,   130x110
2007   NEW ORLEANS  ,   140x180
2007   WILD YEARS  ,   130x110
2007   SCHWAB’S DRUG STORE ( Invitation to the blues )  ,   90x140
2007   ON AN OLD SHIRT ( that is stained with blood and whiskey )  ,   100x100


 

 



La redazione
Ceccoz
Kira





u’re in:
 






  2003 all rights reserved tomwaits.it
Il sito e il fan club non sono a
scopo di lucro.

Il materiale contenuto in questo sito è frutto di appassionata raccolta di materiale riguardante l’artista Tom Waits. I gestori del sito e del fan club non si ritengono responsabili dell’uso improprio da parte dei navigatori e fan iscritti.
  scriveteci a:

per qualsiasi informazione non trovata nel sito, domande, critiche, consigli, incoraggiamenti, segnalazioni di malfunzionamento o quant'altro voi riteniate debba essere posto alla nostra attenzione
  il sito richiede:
Macromedia Flash Mx


Quicktime 6

  questo sito è realizzato da:

Privacy Policy